Gli impegni non mantenuti da Monti
Monti ha un bel ripetere, nelle diverse sedi, che la manovra appena varata dal suo governo era assolutamente necessaria per salvare l’Italia dal crollo economico. Ma non convince; anzi lascia perplessi.
Non che sia da mettere in dubbio l’esigenza inderogabile di una manovra, e neppure la sua urgenza. Ma, questa manovra, doveva proprio avere le caratteristiche con cui è stata costruita? Sono davvero equi i provvedimenti adottati?
Qualcuno ha già fatto due conti: le tante strombazzate tasse sulle auto di lusso, sulle grosse imbarcazioni, sugli aerei e sugli elicotteri privati daranno un gettito complessivo che non andrà oltre i 400 milioni. Mentre il solo blocco delle indicizzazioni sulle pensioni, che peserà soprattutto sulle classi medio-basse, non vale meno di 3 miliardi e mezzo. Il ripristino della tassa sulla prima casa, che colpirà indistintamente ricchi e poveri, costerà ai cittadini circa 11 miliardi di euro, quasi la metà dell’intera manovra. C’è poi da considerare l’aumento delle tasse sulle benzina che sottrarranno diverse centinaia di euro all’anno di reddito a ogni famiglia.
E mi fermo qui, anche se ci sarebbe dell’altro.
Si poteva agire diversamente, pur mantenendo invariato l’importo della manovra?
Certo, che si poteva! Bastava imporre una robusta patrimoniale sui patrimoni superiori al milione di euro, magari differenziata per fasce (ad esempio, pari all’0,15/0,2% fino a 1/2 milioni; dello 0,4/0,5% per valori superiori). Un’altra misura indubbiamente opportuna, invece dell’ipotizzato aumento di 2 o 3 punti delle ultime due aliquote esistenti (che avrebbe comunque colpito il ceto medio), sarebbe stata quella di introdurre una nuova aliquota al 46/47% sui redditi superiori ai 120.000 euro annui.
Se queste due misure non si fossero rivelate sufficienti (e solo allora) si sarebbe potuto pensare a un’imposta sulla prima casa, che sarebbe stata in ogni caso assai più leggera…
Ma il centro-destra si è opposto decisamente a queste misure di equità, con giustificazioni assolutamente ridicole, minacciando di non votare la manovra. E così Monti è stato costretto ad adottare altri provvedimenti.
E’ chiaro che il centro-destra difende soprattutto i ricchi. Più ancora, i parlamentari chiamati a votare la manovra difendono le loro tasche, visto che il loro reddito supera abbondantemente la soglia dei 120.000 euro. Mi auguro che gli elettori se ne ricordino la prossima volta che andranno a votare!
Cosa fare ora? E’ evidente che non si può tornare indietro; non si può ridiscutere l’intera manovra. I tempi sono davvero molto stretti. Ma i partiti che difendono gli interessi dei cittadini comuni (la larga parte dei cittadini) – Partito Democratico in testa – qualcosa possono ancora portare a casa: devono chiedere a gran voce che venga innalzata la soglia oltre la quale scatta il blocco dell’indicizzazione delle pensioni al costo della vita e che venga aumentata a 350/400 euro la franchigia della tassa sulla prima casa.
Almeno queste devono essere le condizioni irrinunciabili affinché il Partito Democratico dia il suo assenso alla manovra. Ho visto invece ieri sera a Ballarò la Finocchiaro “calarsi le brache” di fronte alla necessità di votare la manovra così com’è: invocando il senso di responsabilità, assumendo un’aria di accigliata solennità, la senatrice ha fatto capire di essere pronta a “ingoiare il rospo”.
A questo punto, non capisco proprio per qual motivo il PdL possa imporre la propria linea minacciando un voto contrario e lo stesso non possa fare il Partito Democratico. Si tratta di una questione di responsabilità o piuttosto di mancanza di convinzione nelle proprie prese di posizione?
Come devono interpretare, i cittadini – potenziali elettori di sinistra – questa evidente debolezza? Come si può pensare che continuino ad appoggiare a oltranza un partito che si mostra incapace di giocare un ruolo determinante nelle scelte della politica italiana?